Nei miei ricordi di bambina la festa dei morti era la visita alla casa dei nonni dove ci si fermava per qualche giorno.
Nell’antica tradizione siciliana nella notte tra l’1 e il 2 novembre, i morti tornano a far visita ai parenti ancora in vita portando doni per i più piccoli. Per questo motivo mia nonna lasciava la finestra aperta per invitarli ad entrare e la tavola apparecchiata per accogliere i defunti. Sul desco non potevano mancare il pane e il vino e, se c’era, anche un pezzo di pecorino.
Era l’attesa dei doni ed ogni bambino metteva ordinatamente sotto il letto le proprie scarpe che, la mattina del 2 novembre, trovava piene di caramelle, colori, nocciole e soldini secondo le possibilità. A volte anche bambole di pezza confezionate alla meglio. Mia nonna era bravissima in ricamo e cucito, ma le bambole, realizzate spesso con vecchi calzini riempiti di stracci e con occhi di bottone o a crocetta, non erano proprio tra quelle cose che le riuscivano meglio. Noi però eravamo ugualmente felici e mostravamo a tutti i nostri piccoli tesori.
Per i bambini era un giorno di festa e nel pomeriggio ci sarebbe stata la gita “fuori porta” al cimitero per rendere omaggio ai propri defunti.
Mio padre aveva l’abitudine di acquistare le “ossa di morto”, dolcetti-horror aromatici, duri e bianchissimi che ricordano le fattezze delle ossa e la frutta martorana, dolci di farina di mandorle e zucchero, che riproducono alla perfezione tutti i frutti ed arricchiscono, proprio in questo periodo, le vetrine di bar e pasticcerie siciliane, raccolte in ceste e splendide composizioni.
Ci si divertiva e si rideva, si rideva tanto perché a quei tempi i bambini sapevano ridere, anche con poco.
Le differenze con Halloween non sono in realtà tantissime. Balza all’occhio il fatto che la festa dei morti è una festa cristiana mentre Halloween ha riferimenti horror ed è certamente più commerciale, ma vengono entrambe festeggiate negli stessi giorni e riguardano entrambe il mondo dei defunti.
La sera del 31 ottobre, negli Stati Uniti, i bambini, travestiti da spettri, streghe e scheletri, bussano alla porta dei vicini di casa chiedendo “dolcetto o scherzetto” e vengono ricompensati con caramelle e dolciumi vari. In mancanza di questi i vicini subiranno piccoli dispetti. Pur essendo questa usanza relativamente recente e perdendo un po’ del suo significato originale, in realtà la festa di Halloween, di origine celtica, si perde nella notte dei tempi…
La notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, la notte di Samhain, corrisponde al Capodanno celtico e tradizione vuole che sia il momento in cui il velo tra il mondo dei vivi e quello delle anime si assottiglia permettendo una interazione tra essi con celebrazione ed onori ai defunti.
L’usanza di intagliare le zucche invece, è legata alla leggenda irlandese di Jack o’ Lantern secondo cui Jack, ubriacone e dissoluto, la notte di Halloween incontrò il diavolo che voleva la sua anima. Lui riuscì ad imbrogliarlo per ben due volte facendogli promettere che non avrebbe più cercato la sua anima. Al momento della morte gli venne rifiutato l’ingresso al Regno dei Cieli ma quando bussò alla porta degli inferi, il diavolo, offeso, mantenne la sua promessa e lo cacciò tirandogli dietro un tizzone preso dalle fiamme dell’inferno. Jack mise il tizzone dentro una rapa scavata per evitare che questo si spegnesse e da allora vaga in attesa del giorno del Giudizio come anima dannata.
La rapa divenne zucca quando gli irlandesi migrarono in America e, non riuscendo a reperire con facilità le rape, iniziarono ad intagliare le zucche con il ghigno malefico di Jack.
In conclusione, mi rendo conto che, seppur in modi diversi, entrambe le festività conducono al desiderio di celebrare i nostri defunti e di ricordarli in una giornata comune che è la festa di Ognissanti.